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Il cimitero di Catania: tra storia e monumenti celebri

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Avete mai pensato al cimitero senza versare una lacrima in ricordo di un parente caro o senza associarlo a un luogo triste e di sventura?
Totò con la sua “A Livella”, parlava di storie di uomini che avevano un passato, Ugo Foscolo ne “I sepolcri”, di “corrispondenza di amorosi sensi” tra vivi e morti.

Un cimitero è un libro aperto che racconta storie e noi abbiamo scoperto che anche il camposanto di Catania è un vero e proprio museo a cielo aperto.

Passeggiando tra i viali della parte più antica si scorgono le cappelle delle storiche famiglie catanesi: Paternò Castello, Pantò, Condorelli, Caviezel, Caflish, nomi opulenti che anche nella morte hanno lasciato un segno di abbondanza e ricchezza con i loro nomi scolpiti su veri e propri mausolei.

I nomi sono tanti, varcati i tre cancelli, e ci sono anche quelli di chi ha reso Catania famosa in tutto il mondo, come Giovanni Verga.
La tomba dello scrittore verista oggi è abbandonata, è evidente, qualcuno ogni tanto lascia un fiore.
Di fronte al loculo che ospita Verga quello di un altro grande, Angelo Musco, l’attore catanese di “Gatta ci cova” e “Pensami Giacomino”.

E poi ci sono le storie, storie di donne che sono state amanti di grandi uomini che le hanno volute con loro anche nella morte. E’ così per una donna fatta imbalsamare e seppellire nella tomba di famiglia del suo innamorato, che era sposato con un’altra e che, dopo averla pianta da morta, l’ha voluta conservare così come la ricordava.
E’ l’unico caso di imbalsamazione nel camposanto catanese.

Nel cimitero sono tanti i volti dei giovani che hanno perso la vita per un agguato o un regolamento di conti. Tra i viali capeggia anche la tomba dei Santapaola con Maria Grazia Minniti, la moglie del boss Nitto. E poco più in là quella di una vittima della mafia, quella dell’ispettore capo Giovanni Lizzio, ucciso il 27 luglio del 1992.

Prima di terminare il nostro excursus alla scoperta del cimitero dei tre cancelli è doveroso un breve cenno storico.
Non tutti forse sanno che nella Città dell’Elefante fino al 1850 non esisteva un cimitero vero e proprio, i defunti, aristocratici o ecclesiastici venivano infatti inumati nelle chiese e nei conventi; tutti gli altri trovavano la loro ultima dimora in campo aperto, in una distesa di terra in prossimità della playa, senza alcuna recinzione.
Fu solo dopo l’unità d’Italia che l’amministrazione comunale identificò il terreno adatto, delimitandolo con una cinta muraria e dando vita ai lavori.

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